Giovani e lavoro 4.0

È spesso vero che nei momenti di maggiore crisi economica, politica o sociale, la tendenza a edulcorare severi dati statistici con una patina di soggettiva esasperazione sia una pratica piuttosto comune, ma rimane un fatto che, ad oggi, nella nostra cara Italia, la disoccupazione giovanile sia un dato che farebbe allarmare anche i più stoici sostenitori del pensiero positivo.

I più recenti dati ci indicano che circa il 23,4% dei giovani italiani, tra i 15 e i 29 anni, non studia e non lavora; che solo il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni, in Italia ha almeno un titolo di studio di livello secondario e che il 47% degli italiani è analfabeta funzionale, cioè incapace di usare in modo efficace le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle varie circostanze della vita quotidiana.
Questa preoccupante fotografia che colpisce principalmente i nostri giovani è il risultato di una cultura politica ed economica con serie difficoltà a impostare un progetto a lungo termine e che premia ancora anzianità ed esperienza prima del merito e del potenziale.

Un paese “Vecchio”

Un paese che non sfrutta appieno l’energia dei giovani come motore per l’innovazione della società è destinato a conoscere un rapido e inesorabile declino, che abbraccia e coinvolge trasversalmente settori fondamentali del motore economico del paese.

Un esempio, fra i tanti: il tasso di laureati in Italia è tra i più bassi d’Europa.

Ma cosa significa questo per il futuro della nostra economia, cultura, società?

I giovani e la famiglia

Vi sono circa 2 milioni di ragazzi che non studiano, non lavorano e non si formano. 

Una volta la voglia di crescere e di migliorarsi sempre era una delle caratteristiche fondamentali dell’essere umano, ma oggi questa voglia sembra essersi persa. I giovani sono demotivati, inermi di fronte ad un futuro che dovrebbe appartenergli, ma che invece vivono come qualcosa di cui diffidare e si riducono a concentrarsi sul presente, che sembra essere l’unico ambito  in cui ancora si muovono con apparente serenità.

La generazione Z (quella che va da metà degli anni ‘90 al 2010 circa) è più flessibile  rispetto ai Millennials ( i nati tra gli anni ‘80 e metà degli anni ’90), i quali sono più metodici ed organizzati, ma più insicuri nel lavoro, soprattutto se messi di  fronte  alle responsabilità. 

E’ su queste soft skill non possedute che bisogna lavorare per preparare i giovani al futuro lavorativo che circonda oggi il mondo del lavoro.

In tutto ciò ci si chiede se la famiglia abbia delle responsabilità in merito: è’ forse troppo permissiva, comprensiva e deresponsabilizzante?

Il lavoro 4.0

Il mondo del lavoro è in costante cambiamento  e ha molto più bisogno dell’apporto fresco e vitale dei giovani di quanto, al momento, sembri essere disposto ad ammettere. 

Il mondo dei giovani, però, sembra aver perso quella fondamentale capacità di innovazione ed energia che lo caratterizzava e spesso ci si trova a doversi confrontare con ragazzi  incapaci di responsabilizzarsi o di interfacciarsi  in modo costruttivo con il mondo del lavoro. Il lavoro ha bisogno di flessibilità, capacità di adattamento, agilità nel proporsi e riproporsi in base a come cambia il contesto e a quelle che sono le richieste dall’esterno.

Sono ormai merce rara quei giovani che hanno fame di sapere, di impegno, di lavoro sodo, di voglia di raggiungere i propri obiettivi e una  posizione nei contesti lavorativi. I pochi che ancora risponderebbero a questa descrizione sommaria, vittime di un mercato del lavoro che si aspetta poco o niente dalla loro generazione e che non risponde al loro bisogno di essere presi sul serio, si rivolge al mercato estero andando ad acuire la situazione che vi abbiamo appena descritto.  

Cosa fare?

Un primo, necessario passo risulta  essere un rafforzamento del sistema di istruzione e formazione professionale.  La scuola e l’apparato formativo nel suo complesso che coinvolge i giovani, tra i 14 e i 18 anni,  sono decisivi per evitare la dispersione e la marginalizzazione sociale. Bisogna iniziare a valorizzare i vari percorsi di studio con  progetti a essi paralleli che permettano di ridurre le eccessive tempistiche che oggi vi sono nella transizione tra scuola e lavoro e che, purtroppo, caratterizzano principalmente il nostro paese.

Dobbiamo potenziare orientamento e formazione nei percorsi di alternanza scuola-lavoro.

Dobbiamo tornare ad un concetto di famiglia tradizionale-normativo, dove la relazione affettiva era il mezzo con cui i genitori cercavano di trasmettere ai propri figli  limiti e  responsabilità del mondo adulto, come il lavoro, il dovere e la competenza. 

A questo si collega anche il ruolo della scuola, che deve risvegliarsi da quel torpidio che ormai dura da troppi anni, che lentamente sta portando  un inevitabile degrado e che  porta l’intera istituzione a essere incapace di produrre istruzione e educazione, perdendo anche la capacità di garantire opportunità occupazionali e di funzionare come strumento di avanzamento sociale.

Noi di Gip  vogliamo essere al fianco delle scuole e delle aziende in questo percorso

Con professionisti specializzati nell’ambito Risorse Umane e nei percorsi di orientamento domanda/offerta, offriamo il nostro supporto in quello che è un percorso di accompagnamento dei giovani nei contesti lavorativi e viceversa, supportiamo le aziende nella scelta dei candidati più idonei e nel loro inserimento. Questo sempre nel massimo rispetto delle differenze individuali e organizzative per offrire  percorsi su misura e orientati all’obiettivo.

Noi intanto continuiamo a formarci e informarci per te!

Marzo è, per noi di Gip, il mese dei giovani e del nuovo mercato del lavoro. 

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